La Campagna Mondiale Stop all’Uccisione e alla Lapidazione delle Donne!

La rete di solidarietá internazionale ‘Donne che Vivono Soggette alle Leggi Musulmane’ (Women Living Under Muslim Laws – WLUML) ha lanciato La Campagna Mondiale Stop all’Uccisione e alla Lapidazione delle Donne! al fine di abolire il continuo utilizzo del concetto di religione e di cultura per giustificare l’uccisione delle donne come forma di punizione per aver violato le ‘regole’ imposte dal comportamento sessuale. L’uccisione delle donne – con qualsiasi pretesto – é inaccettabile, ed é una grave e seria violazione della Legge Internazionale dei Diritti Umani.

Ispirata e alimentata dalla continua lotta delle donne nei loro contesti locali per combattere varie manifestazioni di questo fenomeno (per esempio in Pakistan, Indonesia, Iran e Nigeria), la Campagna punta a sostenere ed incoraggiare gli avvocati dei diritti delle donne, e gli stessi movimenti femminili nazionali e transnazionali, a resistere a quelle forze che politicizzano e usano la cultura e la religione per soggiogare le donne ed abusare dei loro diritti.

La morte per lapidazione é un punto importante della campagna, ma non é l’unico. La lapidazione é una punizione legale per la ‘Zina’ (rapporto sessuale al di fuori del matrimonio), applicata alle persone sposate in Afghanistan, Iran, Pakistan, Arabia Saudita, Sudan, Emirati Arabi Uniti, ed in circa un terzo degli stati in Nigeria. Mentre lo stato Pakistano o Iracheno non hanno mai messo in pratica questa punizione, casi di lapidazione sono stati registrati all’interno di comunitá locali, apparentemente incoraggiate dal fatto che é una punizione prescritta dalla legge. Casi recenti di lapidazione da parte di autoritá dello stato hanno avuto luogo soprattutto in Iran, dove la lapidazione non é peró solo limitata all’adulterio. Nel Maggio 2006, un uomo ed una donna sono stati lapidati a morte nella cittá di Mashad, in Iran. Piú recentemente, il 5 Luglio 2007, Jafar Kiani é stato lapidato a morte nel villaggio di Aghche-Kand, vicino a Takistan, Ghazvin. Attualmente, altre nove persone detenute nelle carceri Iraniane aspettano un destino simile, inclusa la compagna di Kiani, per sospetto ‘adulterio’.

Nonostante non ci sia alcun riferimento alla lapidazione nel Corano, questa pratica col tempo é stata associata all’Islam e alla cultura Musulmana. Nel Maggio 2007, le immagini agghiaccianti di una ragazza che veniva lapidate a morte in una comunitá non-Musulmana in Iraq, hanno cominciato a circolare su Internet. Quel video dimostra chiaramente che la lapidazione é una punizione particolarmente crudele e degradante, che consiste in un lungo e doloroso processo che culmina con la morte in pubblico. La lapidazione é un argomento molto discusso all’interno della comunitá religiosa Musulmana: rispettabili esponenti del clero, tra cui l’Ayatollah Nasser Makarem Shirazi, l’Ayatollah Yousef Saneii e l’Ayatollah Seyyed Mohamamd Mousavi Bojnourdi, si sono dichiarati contrari. Altri teologi in diversi paesi hanno inoltre dichiarato che non é una pratica Islamica.

Sentenze di esecuzione tramite lapidazione sono state modificate a seguito di forti proteste nazionali ed internazionali negli Emirati Arabi Uniti. In Nigeria, nessuna lapidazione é avvenuta perché gruppi locali di donne e di difensori dei diritti umani hanno lavorato insieme con successo per supportare e difendere coloro che erano stati accusati di adulterio, con il risultato che tutti gli accusati sono stati assolti dalla corte d’appello della Sharia. A seguito delle proteste, delle assoluzioni, e del conseguente appoggio internazionale, le autoritá locali dello stato non hanno perseguito le accuse di adulterio.

Ai giorni nostri, con l’avvento e la diffusione dell’Islam politico e altre forme di estremismo religioso, la lapidazione e le altre forme di trattamento crudele, inumano e degradante delle donne sono aumentate in molte parti del mondo. Con lo stabilirsi del tribunale della Sharia ad Aceh, in Indonesia, le donne sono ora soggette a frustate se sospettate di ‘crimini’ per ‘relazioni fuori del matrimonio’ (zina), o per ‘abbigliamento Islamico improprio’. In Nigeria, Afghanistan, Iraq, Pakistan, Sudan, e certe regioni dell’Indonesia, la tendenza verso l’Islam politico é accompagnata da un preoccupante aumento nel controllo del corpo delle donne nel nome della religione e della cultura.

Il trattamento violento e oppressivo delle donne non é peró solamente limitato alle societá Islamiche. Mentre i media tendono a presentare i cosiddetti ‘crimini d’onore’ (che hanno la piu’ dis-onorevole intezione di fare del male alle donne) come presenti soprattutto nelle societá Musulmane, casi documentati provano che migliaia di donne vengono uccise ogni anno nel nome dell’‘onore della famiglia’. Secondo la Commissione dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, casi di cosiddetti ‘crimini d’onore’ sono stati riportati sia in Gran Bretagna, Brasile, India, Ecuador, Israele, Italia, Svezia e Uganda, sia in nazioni Musulmane come Turchia, Giordania, Pakistan e Marocco. In America Latina, i ‘crimini di passione’ commessi da uomini non sono considerati omicidi, e sono invece trattati in modo lieve o completamente ignorati. L’abuso dei diritti umani delle donne non conosce confini, culture o religioni.

I cosiddetti ‘crimini d’onore’ sono esempi devianti di come leggi locali e costumi, all’interno di sistemi di valori altamente patriarcali, assegnano regolarmente piú colpe alle donne rispetto agli uomini se si tratta di atti percepiti come violazioni di ‘regole’ del comportamento sessuale. Le donne costituiscono quasi tutte le vittime conosciute di punizioni violente come la lapidazione, le frustate, o altre punizioni brutali, crudeli o sadiche per certe supposte trasgressioni. Infatti, la maggior parte delle persone uccise nel nome dell’‘onore’ sono donne.

La Campagna mira a riaffermare le raccomandazioni della Dott.sa Yakin Ertűrk, Inviato Speciale dell' ONU sulla Violenza Contro le Donne, che nel suo rapporto del Gennaio 2007 sostiene la necessita' di ‘sfidare l'interazione tra Cultura e Violenza contro le donne (a) attraverso una ‘negoziazione culturale’ in modo da enfatizzare gli elementi culturalmente positivi e de-mistificare gli elementi oppressivi degli stessi nuclei sociali, e (b) denunciando la violenza contro le donne in tutte le sue interazioni con altre forme di ingiustizia e violazione dei diritti umani fondamentali’.

Iniziata per indirizzare la crescente tendenza alla legittimizzazione religiosa e culturale della violenza letale contro le donne, la La Campagna Mondiale Stop all’Uccisione e alla Lapidazione delle Donne! vuole:

- Contribuire a rendere inaccettabile l’uso del concetto di religione, cultura e tradizione per giustificare la violenza contro le donne.

A questo scopo, la Campagna mira a:

I. Concentrare l’attenzione globale e aumentare la coscienza pubblica sulla politicizzazione della cultura e della religione, e sull’abuso strumentale dei diritti umani delle donne;

II. Rafforzare la resistenza degli attivisti per i diritti umani e dei movimenti delle donne, per aiutarli a documentare e pubblicizzare i casi di abusi; per rendere piú effettivo l’uso dei relativi strumenti / istituzioni regionali e internazionali; e per incoraggiare la mobilitazione internazionale all’interno di contesti legali, religiosi e dei diritti umani.

Insieme alla comunitá internazionale, possiamo mettere la parola fine all’uccisione delle donne e a tutte le altre pratiche che impediscono loro di mantenere l’integritá del loro corpo, dei loro diritti, e della loro dignitá.